L’8 settembre del 1943 è il giorno in cui, tramite un proclama alla radio, il Maresciallo Pietro Badoglio, Capo del Governo dopo l’arresto di Mussolini, comunicava ai soldati impegnati nei vari fronti e anche alla cittadinanza italiana, l’armistizio con gli Alleati. Come sappiamo non fu un passaggio indolore, anzi: se da un lato ci fu il famoso “tutti a casa”, quando i militari fuggirono dalle caserme per ritornare a casa dopo tre anni di guerra, dall’altro ci fu l’occupazione dell’Italia da parte della Germania nazista. Un momento complesso, delicato, tragico: nonostante questo non può essere accettata la definizione di “morte della Patria”, tanto cara alla retorica della Destra, in quanto proprio in quei giorni nacque una nuova definizione di patriottismo e di appartenenza nazionale che avrebbe contribuito alla nascita della Resistenza. 

Vale la pena citare la riflessione che ha fatto lo storico Daniele Susini su “Domani” del 21 agosto 2023: 

«A partire da quella data molti italiani presero coscienza di cosa volesse vivere in una dittatura, molti in quei 20 mesi dovettero sovra esercitare in maniera autonoma una coscienza lasciata dormiente per troppi anni. Questa situazione, personale e collettiva, preparò i presupposti per nuove aspirazioni degli italiani che da quel momento vollero, e alla fine ottennero, una patria diversa da quella precedente, basata su una nuova concezione dei cittadini liberi e uguali; valori molti simili a quelli propugnati dai vari protagonisti del Risorgimento italiano come Mazzini, Garibaldi e Cavour. Quindi una rinascita e non una nascita. In  questo senso prendo in prestito le parole di Natalia Ginzburg che così descrive questo cambio di passo: “Le parole patria e Italia… che ci avevano tanto nauseato fra le pareti della scuola perché accompagnate dall’aggettivo fascista, perché gonfie di vuoto, ci apparvero d’un tratto senza aggettivi e così trasformate che ci sembrò di averle udite e pensate per la prima volta. D’ un tratto alle nostre orecchie risultarono vere”. In questo modo dalle ceneri dell’8 settembre nasceva la repubblica e rinascevano gli italiani. »

Per raccontare l’8 settembre in questo ottantesimo anniversario,  la redazione di Vanloon ha deciso di andare ad indagare quanto successe in un teatro bellico in cui erano impegnati i militari italiani: quello della Grecia. È la Grecia della Strage di Cefalonia, ma anche di quelle meno note di Kos e di Leros. Per questo motivo abbiamo intervistato la storica Isabella Insolvibile, autrice quest’anno di La prigionia alleata 1940-1943 per Viella, ma anche di saggi fondamentali per comprendere l’8 settembre in Grecia come Cefalonia. Il processo, la storia, i documenti (Viella 2017, con M. De Paolis) e Kos 1943-1948. La strage, la storia (ESI 2010). 

Per approfondire l’uso politico che è stato fatto di 8 settembre come “morte della Patria”, vi proponiamo una vecchia puntata che avevamo dedicato alla rubrica del quotidiano bolognese “Il Resto del Carlino”, che aveva preso proprio questo nome nel 2017. 

Per inquadrare invece che cosa fu l’occupazione fascista della Grecia, riportiamo qui la puntata in cui abbiamo presentato il libro di Vincenzo Sinapi, Domenikon 1943. Quando ad ammazzare sono gli italiani, edito da Mursia nel 2021. 

Immagine: Soldati italiani fatti prigionieri dai tedeschi a Corfù dopo l’Otto Settembre 1943. Da Wikimedia Commons